2007.02.03
Stasera siamo andati a cena con Nazzareno e Carla dalla Trattoria Donzelletta in mezzo alla campagna di Recanati. Il ristorante prende il nome da un verso dell’illustre poeta recanatese Giacomo Leopardi, del canto Sabato del Villaggio.
La donzelletta vien dalla campagna,
In sul calar del sole,
Col suo fascio dell'erba; e reca in mano
Un mazzolin di rose e di viole,
Onde, siccome suole,
Ornare ella si appresta
Dimani, al dì di festa, il petto e il crine.
Dopo cena, dopo il vino e la grappa, ho riletto uno dei miei poemi preferiti, “L’Infinito”, uno dei poemi più tradotto nel mondo. Mi sono ricordato della “trascriazione” di Haroldo de Campos, che è stato nostro ospite allo Spazio Culturale Babilonia di Natal, il 15 settembre 1992, una serata indimenticabile. Haroldo è arrivato a casa per le mani di Francisco Ivan. È arrivato con Jota Medeiros, João da Rua, Afonso Martins e Abimael Silva. Stelle di prima grandezza. Pure Vinicius de Moraes ha tradotto L’Infinito e che traduzione!
Considero “L’Infinito” di Leopardi un “anticipazione” del training autogeno. Hai mai provato il Training Autogeno? Quale traduzione preferisci? Fammi sapere.
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s'annega il pensier mio:
E il naufragar m'è dolce in questo mare.
Trascriazione di Haroldo de Campos
A mim sempre foi cara esta colina
deserta e a sebe que de tantos lados
exclui o olhar do último horizonte.
Mas sentado e mirando, intermináveis
espaços longe dela e sobre-humanos
silêncios, e quietude a mais profunda,
eu no pensar me finjo; onde por pouco
não se apavora o coração. E o vento
ouço nas plantas como rufla, e àquele
infinito silêncio a esta voz
vou comparando: e me recordo o eterno
e as mortas estações, e esta presente
e, viva, e o seu rumor. É assim que nesta
imensidade afogo o pensamento:
e o meu naufrágio é doce neste mar.
Traduzione di Vinicius de Moraes
Sempre cara me foi esta colina
Erma, e esta sebe, que de tanta parte
Do último horizonte, o olhar exclui.
Mas sentado a mirar, intermináveis
Espaços além dela, e sobre-humanos
Silêncios, e uma calma profundíssima
Eu crio em pensamentos, onde por pouco
Não treme o coração. E como o vento
Ouço fremir entre essas folhas, eu
O infinito silêncio àquela voz
Vou comparando, e vêm-me a eternidade
E as mortas estações, e esta, presente
E viva, e o seu ruído. Em meio a essa
Imensidão meu pensamento imerge
E é doce o naufragar-me nesse mar.
Il Diritto al Delirio
-
di Eduardo Galeano
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