domenica, febbraio 18, 2007

Cantare in Volo


2007.02.05
“Mai dire da quest’acqua io non berrò”, ammoniva sempre Marilva, mia madre. “Perché quando lo dici, la vita ti porta spesso a dover placcare la sete bevendo l’acqua proprio da quella fontana o da quella pozzanghera e la berrai tanta e la troverai pure buona”.
Per saggezza o per scaramanzia io non dico più “da quest’acqua non berrò” e provo a non pensarci nemmeno, perché mi è capitato più di una volta di dover rimangiare le mie parole o di dover ribere i miei pensieri.
Allevare uccellini in gabbia, per esempio, esiste qualcosa di più crudele o di più sadica? “Ecco una cosa che non farò mai!”, dicevo a me stesso. Finché un giorno uno dei muratori che costruiva la nostra casa a Ponta Negra, Júlio, detto Nêgo de Cabaço, arriva da me con una sabiá in gabbia. Senza dire parola, mette un chiodone nella parete della veranda, appende la gabbia e poi sistemando due sedie alcuni metri distante, mi fa segno di stare in silenzio e di aspettare. Dopo alcuni minuti il canto della sabiá esplode, echeggia dentro casa e letteralmente riempie tutto lo spazio circostante con una serie di canti variegati che sembravano durare una eternità. Notando la mia espressione di sorpresa e di meraviglia, mi avverte: “Vedrai l’effetto che fa la mattina presto il primo canto del giorno”. Infatti, il canto di una “sabiá che canta” vicino a te nel silenzio dell’alba è una “musica” che soltanto un Dio-Indio potrebbe concepire. Quella sabiá è stata la prima di un allevamento di uccelli in gabbia che ho avuto per anni.
Rimane sempre il fatto che tenere uccelli in gabbia è una crudeltà tremenda, come lo sono il matrimonio e l’imposizione della fedeltà, la scuola e la fabbrica, come andare in macchina e inquinare il pianeta, come tagliare un albero o mangiare carne. La crudeltà in tutte le sue forme deve essere messa in discussione. Sarebbe auspicabile che ognuno si impegnasse a dare il suo contributo alla ricerca del superamento o quantomeno di una mediazione tra le cose così come stano e le cose come potrebbero o dovrebbero stare e che non si limitasse a liquidare tutte le questioni con un semplice giudizio di condanna. “Accendere una candela invece di maledire l’oscurità”, consigliava Lao Tzu.
Allevare degli uccelli in gabbia ha significato per me dover alzarmi presto la mattina per cambiare le vaschette d’acqua, i contenitori di semi, la frutta, e la sabbia che sta alla base della gabbia. Dovevo osservare se ogni uccellino stava bene, se aveva mangiato, capire le loro preferenze alimentare, stare attento ai sintomi delle malattie. In quel periodo il giardino di casa era pieno sempre pieno di volatili perché il canto degli uccelli in gabbia attrae altri della stessa specie. Le loro jam sections, fatte da dispute e corteggiamenti producono delle melodie emozionante che i musicisti umani possono soltanto sfiorare.
Durante uno dei viaggi in treno per Venezia ho iniziato a scrivere, sul verso di una dispensa di musicoterapia, le storie dei miei rapporti con quelle bestiole: il loro arrivo, il soggiorno e alla fine la loro liberazione. Era un’allegria sofferta tenere gli uccelli in gabbia, c’era un’identificazione da parte mia verso di loro. Mi sentivo in gabbia anch’io. È stata una sofferenza allegra liberarli. Ammiro gli uccelli in libertà ma non mi identifico con loro. Sono uno strano uccello che vive costruendo delle gabbie in torno a sé: casa, macchina, treno, scuola, lavoro. Non ho avuto il coraggio di volare. Non ancora.
Rientrato alla mia dolce gabbia blu, a Loreto, ho intrapreso un viaggio nella foresta della Rete cercando i siti che mi facessero sentire i canti degli uccelli brasiliani. C’e ne sono alcuni meravigliosi. Se andate su ( http://www.eln.gov.br/Pass500/BIRDS/1eye.htm ) 500 Pássaros do Brasil e cliccate su busca potete vedere e sentire tanti uccelli che sono organizzati in ordine alfabetico. Potete anche giocare ad indovinare a quale uccello appartiene il canto. Un altro bellissimo sito è http://www.opescador.psc.br/cantosdasavesdobrasil2.htm Cantos das Aves do Brasil.
Soltanto oggi, dopo vent’anni, ho capito meglio i significati dell’affermazione di Nêgo di Cabaço quando mi ha regalato la sabiá. “Questa sabiá è come te: poliglotta”. Ho sempre preso quella frase come una battuta. Invece oggi, mentre cercavo su internet una registrazione del canto di quell’uccellino che ho avuto acanto per anni, ho imparato da Jacques Vielliard che “poliglotta” è effettivamente una specie rara di sabiá che riesce a memorizzare i canti di diversi uccelli e di riprodurli tutti in fila. Ma che al contrario di altri uccelli imitatori, non ha un canto proprio. Adesso capisco la reazione di Nêgo di Cabaço alcuni anni più tardi quando ha saputo che io l’avevo liberata. Ma questa è un’altra storia che vi racconterò in un altro blog.
Per agevolare il godimento di una piccola parte del materiale audio visivo contenuta nei siti menzionati, ho preparato queste brevi presentazioni di uccelli che ho avuto, visto o sentito in Brasile. Ironicamente non sono riuscito a trovare un’immagine della sabiá poliglotta, ne su internet ne tra le mie foto, ma soltanto il canto di un esemplare.
Sabiá-laranjeira
Sabiá da Mata
Sabiá-poca
Pica Pau de Topete Vermelho
Graúna ou Pássaro Preto
Seringueiro ou Fri-frió
Sabiá da Praia
Sabiá do Campo
Curió
Bem-te-vi
Araponga-de-barbelas
Olho de Fogo
Sabiá Poliglotta

1 commento:

associazione amazonas ha detto...

Bom dia, nao pude deixar de reparar quanto somos Loucos... achei muito interessante seu blog que achei , por acaso, enquanto fazia uma traduçao de um texto infantil para adaptà-lo ao teatro!
tenho uma Associaçao italo brasileira em Marcon ..."amazonas". Muito bom dia
Helen