2007.02.13
Nella seconda parte del Caffè Pedagogico del 12 febbraio 2007, il professor Roberto Fini, parlando d'empowerment, ha dimostrato come la nostra concezione riguardo la natura della intelligenza incide sulla performance cognitiva, nostra e altrui, indipendentemente del fatto che le nostre opinioni siano giuste o sbagliate. Da questa constatazione deriva l’importanza di conoscere la concezione che i soggetti hanno sulla natura dell’intelligenza, perché queste concezioni funzionano come agente rallentante o stimolante dei processi cognitivi.
Se l’individuo ha un’idea dell’intelligenza come fatto innato e si crede poco intelligente, o, nel caso dell’insegnate, crede che l’allievo sia poco intelligente, penserà che qualsiasi intervento cognitivo o didattico avrà scarso effetto. Paradossalmente, anche l’individuo che avendo una concezione innata dell’intelligenza ma che si crede molto intelligente riterrà anche lui di scarso effetto qualsiasi intervento cognitivo.
Se, al contrario, si crede che l’intelligenza propria e degli altri sia di natura accrescitiva, allora gli interventi cognitivi e didattici saranno percepiti come potenzialmente più efficace.
Queste diverse concezioni devono essere prese in considerazione nel momento della scelta delle strategie didattiche che si vuole mettere in campo.
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Mentre il Professor Fini parlava di empowerment, io pensavo come la sua lezione potesse influenzare la mia condotta da genitore.
Il Diritto al Delirio
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9 anni fa
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