lunedì, marzo 24, 2008

Il Salmone e il Fiume del Tempo

2007.02.16
A volte mi alzavo nella notte di Sao Paulo per frugare in frigorifero. Di solito cercavo qualcosa di dolce. Mi vedo ancora aprire lo sportello e servirmi del soufflé che mia madre preparava con biscotti di champagne e crema di cioccolato. Spesso capitava d'incontrar qualche fratello insonne come me a far rapina in cucina. Allora si parlava del più e del meno, qualche scherzo o qualche lamento, mangiando un bocconcino, seduti su uno sgabello. L'intimità che porta la notte, il parlar piano per non svegliare nessuno, creava quell'ambiente che invitava quei pensieri e sentimenti che i rumori esterni e interiori dei giorni spaventano.
Stasera sono stato a cena da un amico, Enrico Smerzini. Barbara, sua moglie, aveva un impegno di lavoro. Ha messo Jacopo a letto e ci ha lasciati in cucina. Non ricordo ciò che abbiamo mangiato, perché non c'era la minima importanza per me. Ricordo però che si era creata una situazione familiare e lontana nel tempo che si è per così dire sospeso. Parlavamo di radici e ad un tratto Enrico con lo sguardo altrove disse che lui era come il salmone, che dopo una lunga permanenza in mare doveva risalire il fiume e recarsi dove era nato. Credo che anch'io sento il richiamo dell'acqua dolce del fiume che ha bagnato i miei ancestrali. Ma oltre al fiume di acqua dolce sento il richiamo di un fiume cosmico, di una notte dei tempi che aspettava il primo giorno, il primo sole. A volte penso che ogni tanto nasciamo qui per vedere come vano le cose, per rincontrare degli amici, degli amori, dei nemici pure, dei fratelli, delle madri e tutti quanti son mescolati.
A distanza di più di un anno di quella cena da Enrico, e di una vita che non incontro nella notte un mio fratello, sono qui davanti a questo schermo in questa notte di Pasqua e di Pasquetta scrivendo a non so chi che un altro giorno leggerà, chissà, come chi lancia bottiglie con messaggi il cui messaggio è soltanto: sono qui, o ci son stato, o chi lo sa ci ri-sarò.

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